Originariamente pubblicato su: Sud Reporter
Antonio Giordano – Nella mente umana opera un meccanismo psicologico di difesa definito “rimozione”, che porta un individuo a dimenticare, negli anni, gli episodi più traumatici e dolorosi della propria esistenza. Secondo Freud, la rimozione è un meccanismo involontario, con il quale un soggetto respinge ricordi, immagini e pulsioni “pericolose” per il suo equilibrio complessivo e per la vita post-trauma: si negano quegli eventi, quei desideri o residui mnestici considerati intollerabili e la cui presenza in memoria provocherebbe ansia e angoscia. Questi meccanismi, nella teoria psicanalitica, costituiscono una serie di processi che “non affiorano alla coscienza” e non sono razionalmente controllabili.
Si tratta di “meccanismi difensivi” che operano a livello inconscio e automaticamente, tra i più comuni: il rifiuto dell’evento, la repressione delle immagini che lo riguardano, la proiezione personale atta a coprire il trauma, la sublimazione del ricordo positivo a discapito del trauma, il dislocamento. Al posto del “ricordo cancellato” resta uno spettro d’ansia che si manifesta più o meno a livello patologico in modi differenti a seconda del soggetto considerato e della sua capacità di reazione al trauma. Un incidente, una caduta accidentale, una operazione particolarmente invasiva e traumatica, il parto sono eventi che scatenano immediatamente la rimozione del dolore fisico, lo attutiscono nel ricordo che resta in memoria, perché la natura umana si difende dal trauma “dimenticando”.
Alla stessa stregua anche in ambiti diversi dalla ospedalizzazione e dal trattamento, la mente umana solitamente fa largo utilizzo di questo meccanismo di difesa necessario, ad esempio in una situazione di sopraggiunto lutto grave e personale o in caso di rottura di un legame amoroso particolarmente intenso, come avviene in numerosi divorzi o separazioni. Nell’elaborazione di questi traumi scatta il meccanismo della “dimenticanza”, il vero segreto del nostro equilibrio psichico ed anche la sola capacità che può rimetterci in sella in seguito ad una rovinosa caduta dalla bicicletta, da piccoli.
Considerando che queste intuizioni nascono dagli studi di Freud e di sua figlia Anna, e che poi trovano basi scientifiche attraverso uno studio dell’Oregon University, che ha pubblicato lo scorso 15 marzo un articolo su Nature che supporta l’intuizione di Freud. L’esperimento realizzato in sede universitaria è molto apprezzabile nella sua semplicità, ma è risultato estremamente efficace. A due gruppi di studenti sono state mostrate “coppie di parole”chiedendo al primo gruppo di ricordare la parola associata alla prima, mentre al secondo gruppo, separatamente, si chiedeva di evitare lo sforzo di memorizzazione. Ebbene mentre il primo gruppo è risultato in grado di ricordare le parole connesse, senza stress, il secondo gruppo sottoposto a pressione non e’ stato in grado di farlo. Ciò fornisce in maniera chiara la base scientifica delle teorie freudiane della rimozione. La natura è perfetta: quello che non siamo in grado di gestire ce lo fa “dimenticare”.
La rimozione degli eventi avversi, inconsciamente è la base della nostra serenità, della nostra salute mentale e della felicità stessa, che secondo il grande Totò si trova proprio in quegli “attimi di dimenticanza”.
presidente Sbarro Institute di Filadelfia – professore Università di Siena, ha coordinato il gruppo programma ambiente e salute Pnrr per il Ministero della Sanità
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