"E adesso godiamoci lo scudetto", dice lo scienziato Antonio Giordano, che ha festeggiato a Philadelphia con un gruppo di professionisti residenti negli Stati Uniti, ma originari di tanti paesi del mondo. Ad accomunarli la passione per il Napoli, che l'oncologo-patologo, autore di fondamentali ricerche sul cancro, ha provveduto a trasmettere ai suoi amici.
Il suo è un legame profondo con il Napoli?
"Sono tornato proprio giovedì per vedere la partita a Napoli e festeggiare questo straordinario successo. Avevo scommesso con alcuni amici sulla data dello scudetto: ho vinto perché sono stato l'unico ad aver pronosticato la vittoria dopo la partita di Udine. Sono in America per motivi di lavoro. Vivo negli Stati Uniti dal 1987, l'anno del primo scudetto. Per fortuna, in quel periodo, Rai International trasmetteva in diretta le partite del Napoli di Maradona. Negli USA ho napoletanizzato i miei amici, regalando a tutti le maglie del Napoli. Le indossano durante le partite, che seguiamo insieme per tifare per gli azzurri. E ho fatto altrettanto con gli studenti dello Sbarro Institute. Lo scudetto ha servito anche a far risvegliare i tanti napoletani nati in America, che non conoscono neppure la nostra lingua."
La sua è una passione che risale all'infanzia?
"Sono nato nel 1962 ed ho visto per la prima volta il Napoli dal vivo a 5 anni. Era la squadra di Antonio Juliano e di Jose Altafini. I Ferlaino erano amici della mia famiglia. Il mio vicino di casa era un calciatore del Napoli, Luigi Pogliana. Ho seguito poi tutti i ritiri estivi, a partire dal periodo di Maradona, che ho conosciuto in occasione del primo ritiro a Castel del Piano nel 1984. Ero uno studente laureando in medicina ed ebbi l'opportunità di incontrare il medico sociale Emilio Acampora. Ho sofferto e tifato, pur vivendo negli Stati Uniti, anche negli anni della Serie C. Da grande amico di De Laurentiis, ho continuato a seguire i ritiri estivi."
Anche la sua vita professionale si è intrecciata spesso con le vicende della squadra?
"Ho lavorato anche con lo staff medico del Napoli. Con il professor De Nicola abbiamo sviluppato il test sul DNA dei calciatori per prevenire gli infortuni. Ora il nostro test viene seguito dalla Fiorentina e dal Real Madrid. È stato anche un modo per essere ancora più vicino al Napoli, anche dal punto di vista scientifico."
Ha accennato prima al ritiro della scorsa estate a Castel di Sangro. Che impressione ne aveva ricavato?
<<C’era un pessimismo totale, un’atmosfera negativa. Tuttavia ho potuto parlare con Spalletti e con i giocatori, molti dei quali erano appena arrivati. Negli allenamenti si percepiva l’entusiasmo e il talento di questi giovani calciatori. Naturalmente nessuno si aspettava un trionfo in questa stagione. Ma, in ogni caso, non ero pessimista. Ero sicuro che il Napoli avrebbe fatto un ottimo campionato>>.
Lo scudetto premia la visione manageriale di De Laurentiis?
<<De Laurentiis ha creato una mentalità aziendale. Ha saputo programmare circondandosi di dirigenti esperti e mettendo su una struttura capace di scoprire calciatori di talento in tante zone del mondo, come mi aveva rivelato in uno dei nostri incontri. Lo scudetto non nasce dal caso, ma è il frutto di un lungo lavoro nel corso degli anni. Il Napoli è sempre stato ai vertici ed è cresciuto gradualmente fino ai livelli di oggi. Aurelio non ha mai perso di vista la qualità del prodotto. Da uomo di spettacolo, sa bene che c’è bisogno di produrre un film che piaccia alla gente. E queste Napoli ne è la conferma. Peccato per la Champions, dove abbiamo pagato un pizzico di ingenuità. Ma sono convinto che questi errori saranno degli insegnamenti preziosi per il prossimo anno. Ci sono anche altri meriti del presidente da sottolineare>>.
Quali?
È riuscito a capire quando era venuto il momento di cambiare alcuni giocatori importanti. Anche in questo, è stato molto bravo e così sono arrivati quei giocatori fondamentali per lo scudetto, plasmatici e amalgamati in maniera brillante da Luciano Spalletti>>.
Inizialmente pubblicato su Il Mattino - Nazionale - quotidiano
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