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LA MEMORIA E I MECCANISMI DELLA DIMENTICANZA: DA CICERONE AL DNA – DI ANTONIO GIORDANO

Updated: Jun 29, 2023

Originally published in Sud Reporter


Dr Antonio Giordano - memory and the mechanisms of forgetting

Antonio Giordano* – Imparare dalle proprie esperienze è funzionale a non ripetere i medesimi errori. Il ricordo si fissa nella nostra memoria per un atavico istinto di conservazione.


Il mantenimento della “memoria genetica”, ereditata dalle generazioni precedenti ci consente di vivere, di riprodurci e di trasmettere le medesime informazioni ai nostri discendenti.


Il Dna funziona come un “archivio”che contiene le istruzioni genetiche delle generazioni passate e, secondo alcune intuizioni non del tutto suffragate da prove scientifiche, anche i “ricordi” dei nostri antenati.


In molte opere letterarie recenti e’ stato fortemente sfruttato il concetto di memoria genetica. Per esempio il ciclo Dune di Frank Herbert, vede tra i protagonisti un neonato che viene al mondo trattenendo nel suo DNA ricordi ed esperienze degli antenati.


Se le verità acquisite e le conquiste civili che gli eventi del passato ci hanno insegnato, restassero impresse nel carattere, probabilmente, ci aiuterebbero a disinnescare, nel presente, i medesimi tragici meccanismi che ci conducono a derive, guerre, catastrofi, persecuzioni e sciagure.


Ci piacerebbe poter affermare l’efficacia ma soprattutto la realtà della celebre frase di ciceroniana memoria: “Historia magistra vitae est”, ma purtroppo, come ci ricorda a Eugenio Montale nei suoi versi “ la storia non è magistra di niente che ci riguardi”.

Del resto anche Hegel affermava che: “l’unica cosa che abbiamo imparato dalla storia è che l’uomo dalla storia non ha imparato nulla”.


Le guerre, le dinamiche di discriminazione, la corruzione, il mal governo, sembrano illustrarci la storia passata come una “lunga narrazione di dimenticanze” . Ma perché si dimentica? Secondo gli scienziati, i ricordi vengono immagazzinati in insiemi di neuroni, chiamati “cellule engram” che rappresentano la memoria potenzialmente recuperabile. Queste cellule si dividono in accessibili, che vengono riattivate da segnali di richiamo naturale, o inaccessibili, che non vengono riattivate.


L’oblio, ossia la dimenticanza si verificherebbe quando le cellule engram non possono essere riattivate. E’ un po’ come aver conservato i ricordi in cassaforte e non ricordarne la combinazione. In molti casi i tassi di dimenticanza rappresentano una forma di neuroplasticità che altera l’accessibilità delle cellule engram in funzione del contesto ambientale in cui si vive.


L’oblio non è una perdita di informazioni, ma come spiegato dal dottor Ryan, è “un rimodellamento del circuito” che trasforma lo stato delle cellule engram da accessibili in inaccessibili. Il dimenticare è considerata una forma di apprendimento e mentre l’oblio naturale è reversibile, quello patologico, che si verifica nei pazienti malati Alzheimer, non lo è, o lo è a fasi alterne. E’ dunque un meccanismo molto strano della nostra memoria umana e della memoria storica.


Forse al di là di ciò che suggerisce la scienza, per cui tendiamo a dimenticare gli eventi tragici “per non alienarci e continuare a vivere”, spesso dimenticare è una questione di opportunismo, anche politico o gestionale, ed essere vittime di tragiche dimenticanze è spesso una scusa, che ci consente di mettere da parte ciò che è scomodo.


La memoria sta alla dimenticanza come il pieno sta al vuoto. E’ anche vero che recenti studi affermano che ricordare senza selezionare i ricordi, in un eccesso di informazioni, “ci faccia perdere” per cui dimenticheremmo per non condividere la fine di Funes, personaggio di Borges, dalla memoria incredibile che tutto ricorda senza filtrare nulla e che per questo, instupidisce.


L’effetto della “informazione totalizzante dei social”, di internet interferisce con i meccanismi cerebrali e della memoria e può produrre non solo sul singolo, ma sulla collettività, uno stato demenziale.


Nietzsche, filosofo del sentire non storico, sviluppa la teoria del “vivere senza ricordo”, dell’oblio sistematico, della dimenticanza. Molte culture tuttavia, sopravvivono all’oblio, perché alcune nozioni restano “in latenza”, le soluzioni riaffiorano nella recuperabilità di ciò che hanno creduto, in parte, di dimenticare.


*presidente Sbarro Institute di Filadelfia – professore Università di Siena, ha coordinato il gruppo programma ambiente e salute Pnrr per il Ministero della Sanità

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